Descrizione
Una premessa indispensabile: questo nuovo saggio di Fanetti analizza una tematica che affonda, con ricorrente e lucida puntualità, l’attualità. Tanto per almeno due ragioni: in primo luogo porta sotto la luce dei riflettori un’area geografica spesso etichettata come secondaria negli affari internazionali e, conseguentemente, lasciata ai margini delle principali analisi geopolitiche; in secondo luogo cerca di collocare gli sviluppi delle vicende latinoamericane e caraibiche nel contesto di un “nuovo mondo” che si prevede con caratteristiche multipolari.
Sì, perché non è più possibile oramai nascondere il fatto che l’assetto globale stia transitando da un ordine unipolare a guida egemone statunitense verso un mondo multipolare; una transizione in cui l’area latinoamericana e caraibica gioca un ruolo fondamentale.
Già nel 1993 sulla rivista International Security, Christopher Layne teorizzò con lucidità che l’unipolarismo non era che una mera illusione poiché – come sempre era accaduto nella Storia – nuovi e grandi potenze sarebbero emerse e altre ancora sarebbero apparse; “(il) momento unipolare non è altro che un interludio geopolitico che darà il via alla multipolarità”.[1]
La multipolarità si è definitivamente affacciata, e con la sua forza sta travolgendo quell’ordine costituito che sembrava inattaccabile. É così che l’America Latina e i Caraibi sono passati da essere il cortile di casa degli Stati Uniti a campo di battaglia destinato a cambiare gli equilibri tra Washington, Beijing e Mosca, le tre grandi potenze mondiali in competizione serrata per imporre la propria visione del mondo nella lotta dicotomica unipolarismo – multipolarismo.
Pechino e Mosca sembrano aver compreso al meglio la lezione, sarà il tempo a dirci se saranno in grado di rimettere in movimento la Storia indirizzandone il cammino verso un mondo multipolare “definitivo” oppure no.
Tratto da prefazione del Dr. Turi, Pres.te CeSEM
In questo libro Fanetti cerca invece di riportare le cose al proprio posto, inquadrando il percorso di queste terre e delineando vie più ampie di quelle troppo spesso volutamente “vendute” come le uniche possibili alle popolazioni regionali e globali
Perché nessuna epoca storica può risolvere i problemi una volta per tutte e non si lotta mai una volta per tutte: il “già dato” è solo un comodo rifugio inesistente. Il problema è dunque quello di inventare pratiche di emancipazione che possano emarginare l’oppressione e portare ad un pieno “mondo a colori”.
E questo è ciò che anche Fanetti prova a fare con questo testo.
Che ogni luogo dell’universo possa essere il centro e che, non avendo l’universo un bordo, questo centro possa comunicare a tutti le proprie esperienze, individuali e collettive. Ciò mi riporta alla mente la storia esemplare di un Presidente prometeico che intendeva cambiare il suo Paese – per iniziare – applicando come definizione del socialismo la democrazia senza fine. Del “Socialismo senza fine” di Allende si è scritto assai meno di quanto meriterebbe ma è da considerarsi una pietra miliare del pensiero contemporaneo. Come disse a me e ai pochi altri che erano in sua compagnia il giorno prima del golpe: “sono forti, potranno soggiogarci ,ma non si fermano i processi sociali con il crimine e con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli”.
Tratto da postfazione di Rodrigo Andrea Rivas, giornalista, scrittore ed economista, direttore di Radio Popolare e dirigente di sinistra nel Cile di Allende